Sono una pietra, non cambierò mai. Ho la febbre: la nostalgia del presente, ma il mio futuro da borghese è nel mio passato da borghese. Così, per me, l’ideologia è stata una vacanza. Credevo di vivere gli anni della rivoluzione, invece vivevo gli anni prima della rivoluzione, perché è sempre prima della rivoluzione che si è sempre come me..
A cura di Alessandro Dionisi
Con queste parole Fabrizio chiarisce il suo pensiero nel pronunciarsi verso la politica e il desiderio di rivoluzione insito, invece, dentro molti cuori, passioni della corrente pre-sessantottina. Soprattutto in quello dell’ amico Cesare, un giovane professore, sua guida spirituale e moderatore nelle successive controversie riguardo il concetto di ideali, di stato e di amore..
Fabrizio cresce negli anni in cui l’Italia esce dal dramma della Seconda Guerra Mondiale, in una città ricca quale Parma, punto nevralgico e snodo commerciale e di ricchezza nell’Italia centro-settentrionale. Parma per il giovane è una barriera doganale, una cupola di colline in pietra e la piazza è un’ulteriore snodo rappresentato dal torrente che divide la città in due, quella dei ricchi e quella dei poveri. È la Parma degli odori, poiché un torrente non riuscirà mai a cancellare i sentimenti che fuoriescono dalla pelle delle persone. È, per Fabrizio, la sua città, una grande muraglia. Si può soffrire questa celata e controversa realtà , ma si può anche stare al gioco delle regole, ovvero accettando la borghese fede cristiana nel segno della resa. Tutta quella fede cristiana in cui il peccato non è nient’altro che reato; la fede cristiana nata per dare certezza quotidiana, paura ed aridità. E nella fede cristiana la chiesa, vista negli occhi di Fabrizio, è lo spietato cuore dello stato. Continua a leggere →
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